Vivere con una malattia Rara - Dott. Giangiorgio Crisponi

Vivere con una malattia Rara - Dott. Giangiorgio Crisponi

Vivere con una malattia rara, il medico risponde.

Abbiamo intervistato il Dottor Giangiorgio Crisponi, esperto in malattie rare e dismorfologie congenite.


Perché è stato coniato il termine malattia rara e quali sono le differenze con gli altri stati patologici?

Il termine malattie rare è stato coniato per indicare quelle patologie che interessano un limitato numero di individui . In sede internazionale una malattia viene definita rara quando ha una prevalenza nella popolazione generale inferiore a 1:2000 persone. Considerate singolarmente interessano un limitato numero di persone, nel loro complesso sono abbastanza numerose, attualmente sono riconosciute circa seimila-ottomila malattie rare che colpiscono il 6-8% della popolazione. Circa l’80% sono di origine genetica e interessano il 3% , 4% delle nascite.

La differenza con altri stati patologici è principalmente legata alla carenza di una conoscenza scientifica minima. Nella gran parte dei casi non si conosce la causa responsabile e sono prive (orfane) di un trattamento terapeutico specifico.


Quale è il ruolo del medico nell’accettazione della patologia?

I tre principali quesiti posti dai genitori sono

Che cosa ha il bambino? - Perché è capitato ? - C’è il rischio che si ripeta?

La comunicazione della diagnosi ai genitori dovrebbe essere sempre gestita da personale medico qualificato.Il medico dopo aver raccolto una accurata storia anamnestica e al termine delle indagini eseguite convoca entrambi i genitori e spiega i risultati delle indagini effettuate e la diagnosi certa o presunta. Se si ha l’impressione che i genitori non abbiano capito si deve ripetere la spiegazione utilizzando un linguaggio più consono al loro grado di cultura. E’ opportuno rivedersi dopo qualche giorno per permettere di chiarire eventuali dubbi rimasti. Il medico deve cercare di fugare il senso di colpa che può assillare un genitore dopo avere saputo di essere portatore del difetto che ha colpito il figlio.

Il modo in cui il medico dedica il suo tempo nel raccogliere un’accurata anamnesi rivela ai genitori l’interesse nei confronti del proprio figlio e favorisce una maggior collaborazione e genera fiducia nei suoi confronti. Qualora i genitori si sentano accolti e ascoltati viene a crearsi un presupposto fondamentale a una buona prosecuzione del rapporto che, in molte situazioni, potrà protrarsi a lungo nel tempo.

Attorno al bambino con malattia rara ruota tutta una serie di specialisti che si prendono cura del bambino.

Il pediatra di base è la principale figura di riferimento per i genitori di un bambino affetto da una patologia rara. Egli è normalmente la figura di coordinamento e di supporto che aiuta i genitori, interagendo con i diversi specialisti, a programmare i diversi controlli secondo le priorità del momento e a cui i genitori possano rivolgersi per ogni eventuale dubbio o urgenza.

Il pediatra di base è in diretto contatto con il Centro di Riferimento Ospedaliero o Universitario che si occupa della conoscenza scientifica per la identificazione della malattia e dell’eventuale suo trattamento. E’ difficile per il curante valutare l’evoluzione clinica di una malattia particolarmente rara e con un’espressività clinica molto variabile. Le sue periodiche valutazioni segnalate al centro di riferimento e il suo apporto possono essere determinanti sia alla conoscenza della evoluzione di una malattia rara di cui non si conosce l’evoluzione sia anche per pervenire ad una diagnosi non ancora posta. Questo grosso sforzo collaborativo con il centro di riferimento e con i vari specialisti a cui il bambino talvolta deve ricorrere, permetterà anche ai genitori di conoscere le eventuali novità che vengono segnalate dalla letteratura, consentendo al proprio figlio di beneficiare della migliore assistenza possibile data dai nuovi programmi terapeutici e diagnostici.

Quali sono i consigli che si sente di dare ad una famiglia che oggi si affaccia a questa realtà?

Ribadire che per le malattie rare non sempre è possibile giungere ad una diagnosi precisa specie nel periodo neonatale. Anche in centri qualificati oltre la metà dei casi non viene diagnosticata ed è opportuno impostare un programma di follow-up che consenta di cogliere la comparsa di nuovi sintomi.

Seppure la diagnosi non sia stata posta, e non sia conosciuta la causa, in base al risultato delle indagini eseguite e alla esperienza di analoghe situazioni, si possono impostare con i genitori le condotte terapeutiche, riabilitative e programmare i futuri controlli. Solo attraverso una ripetuta osservazione nel tempo del bambino, dal punto di vista auxologico, psico-intelletivo e morfologico fenotipico, sarà possibile ottenere quelle informazioni mancanti per chiarire il problema diagnostico. Non esistono schemi predeterminati, i controlli soprattutto nel primo anno saranno ravvicinati con cadenze trimestrali, in seguito il paziente potrà essere rivalutato con cadenza semestrale o annuale. Nel proporre questo tipo di programma il medico deve essere consapevole di quale grosso sforzo è chiesto ai genitori, e come questo apparente insuccesso possa, in alcuni casi spingere i genitori stessi a un pellegrinaggio alla ricerca del “super esperto” in grado di dare una risposta ai loro quesiti e alle loro giustificate ansie.

Quali speranze e strategie per queste malattie rare?

La diagnostica clinica delle malattie rare ha in questi anni fatto enormi progressi, ogni giorno vengono identificati e localizzati nel genoma nuovi geni.

Soprattutto nuove tecniche di biologia molecolare hanno permesso di identificare le cause di molti difetti congeniti, consentendo la diagnosi, identificando i portatori e permettendo la diagnosi prenatale di molti difetti congeniti. Le malattie rare come abbiamo visto sono molto numerose ed è impossibile con gli scarsi finanziamenti pubblici poterle studiare tutte. Di solito solo quelle malattie rare che riescono ad attrarre l’attenzione pubblica beneficiano di una politica di ricerca pubblica e della copertura medica. Grazie alle associazioni di pazienti si è ottenuta una maggiore sensibilizzazione pubblica e un maggiore interessamento politico soprattutto a livello dell’Istituto superiore della Sanità dove è stato istituito un apposita struttura collegata ad altri Centri Internazionali che favorisce la realizzazione di centri di riferimento regionali per la diagnosi e il trattamento delle malattie rare.

La Sindrome di Crisponi, come è riuscito ad identificare tra tante questa nuova sindrome?

Nell’arco di circa quarant’anni trascorsi nel reparto Neonati della Clinica Macciotta di Cagliari mi sono sempre interessato di bambini nati con difetti congeniti venendo in contatto con le più svariate patologie alcune ben conosciute altre meno. Già dai primi anni mi sono imbattuto in bambini che presentavano delle manifestazioni cliniche particolari e dall’esito infausto che ricordavano il decorso del tetano del neonato. Ma il ripetersi di questi casi nell’ambito delle stesse famiglie ha fatto subito pensare ad una malattia di chiara origine genetica, Nel corso degli anni ho potuto osservare 20 bambini provenienti da 14 famiglie della Sardegna meridionale. La ricerca nella letteratura mondiale di casi con analoghe caratteristiche ha dato esito sempre negativo per cui ho pensato di segnalare questa nuova sindrome con un articolo pubblicato nel 1996 sulla prestigiosa rivista American Journal of Medical Genetics. Dopo questa segnalazione sono comparsi altri lavori di studiosi italiani e stranieri che hanno descritto pazienti con identiche caratteristiche e la sindrome è stata definita con l’eponimo “sindrome di Crisponi”.

Quali i successi della ricerca?

Per anni la mancanza di fondi per la ricerca non ci ha permesso di intraprendere studi per ricercare la causa di questa patologia. In questi ultimi anni grazie alla numerose iniziative promosse dalla Dott.ssa Emanuela Serra presidente dell’Associazione Sindrome di Crisponi e malattie rare per far conoscere la malattia e per raccogliere finanziamenti per la ricerca, si è potuto avviare un progetto di ricerca. I ricercatori dell’Istituto di Neurogenetica e Neurofarmacologia (INN) del Consiglio nazionale delle ricerche di Cagliari, guidati dalla Dott.ssa Laura Crisponi, sono riusciti in pochi mesi ad identificare il gene CRLF1 implicato nella patogenesi della malattia grazie a uno studio condotto sull’intero genoma di 5 famiglie sarde e 3 turche affette dalla patologia. La proteina codificata dal gene CRLF1 è un recettore solubile per le citochine, coinvolto in processi importanti sia per lo sviluppo sia per il mantenimento del sistema nervoso. In particolare, lo studio ha identificato quattro diverse mutazioni, di cui due specifiche sarde.
L’importante scoperta, finanziata dall’Associazione Sindrome di Crisponi e Malattie Rare e dalla Regione Autonoma della Sardegna, e condotta in collaborazione con i colleghi tedeschi del Cologne Center for Genomics e dell’Università di Muenster, è stata pubblicata su una delle più prestigiose riviste internazionali di genetica umana, l’American Journal of Human Genetics.

La ricerca proseguirà con l’intento di identificare e approfondire i meccanismi fisio-patologici del gene coinvolto alla base della malattia nella speranza di fornire importanti informazioni per lo sviluppo di terapie specifiche per la sindrome.

La scoperta del gene permetterà anche di effettuare la diagnosi prenatale della malattia

Intervista di E.Serra
Ultimo aggiornamento ( 12 April 2008 )