La voce del Paziente : Stefania "Le parole che andrebbero dette. ..."

Le voci dei pazienti
La voce di Stefania
"Le parole che andrebbero dette. Per poter progettare il futuro serve una scuola in grado di essere all'altezza degli uomini di domani …rari e non … riflessioni ed esperienze personali"

Ciao Stefania, in questi giorni si sente tanto parlare di malattie rare anche perché il 29 Febbraio si celebra la Giornata Mondiale Dedicata alle Malattie Rare, promossa da Eurordis. Il tema di quest'anno è La Voce del paziente. In questa giornata con l'aiuto dei tecnici, ci piacerebbe percorrere una riflessione sulle persone rare ed ascoltare il loro mondo raro, le loro esperienze di vita in modo da poter tracciare nuove possibili soluzioni per i prossimi anni e per chi nel futuro si troverà a far parte della famiglia dei rari e dei rarissimi.

Raccontaci un po' di te. Chi è Stefania ?
Stefania è una ragazza di quasi 23 anni e vive a Santa Maria Navarrese. Un paese dell'Ogliastra.

Essere rarissimo vuol dire che non sempre tutto è possibile. Intendo vivere sereni come le persone "normali". Sei costretto a rinunciare a tante cose, a tanti sogni che ti eri ripromesso di realizzare. ... ma alle volte ti stupisce perché ...riesci invece a realizzare altre cose che pensavi di non poter mai fare...tipo guidare.

Quando hai iniziato a notare che qualcosa non era proprio come dire ordinario nella tua vita ?
Già alle elementari notavo qualcosa di diverso, ma molto di più mi sono resa conto alle medie. Non potevo uscire come gli altri amici, il freddo era sempre più presente e limitava la mia vita diciamo normale. In realtà, ho molti ricordi che riaffiorano ogni tanto, ma preferisco davvero non ricordare.

Andare a scuola può risultare complicato in condizioni di bisogni speciali. Quale è stata la tua esperienza ?

Beh si davvero complesso. Per iniziare, andare a scuola (quando si può) vuol dire portasi dietro una busta con dentro 10 cambi di vestiti!!!

Ed è faticoso molto dal punto di vista emotivo e psicologico.... perché vai a cambiarti 10 volte nel giro di 5 ore e hai gli occhi puntati addosso da quanto ti alzi dalla sedia a quando ti risiedi....e tutti che bisbigliano chiedendosi
(perché quella busta e perché mi sono alzata così tante volte per andare in bagno)....non so se mi sono spiegata

Magari erano solo occhi curiosi (ovvio) e magari solo a me faceva stare male l'idea che lo pensassero...

Secondo te si poteva fare qualcosa per aiutare questa diciamo così convivenza ? qualcuno poteva essere d'aiuto ?

Certo maggiore flessibilità sarebbe stata utile nei giorni in cui proprio non riuscivo ad andare a scuola, avrei perso meno lezioni e forse amato di più lo studio. Oggi so che grazie al lavoro di associazioni, scuole ed ospedali queste cose sono possibili e qualche altro bimbo con la mia stessa sindrome ha avuto possibilità di frequentare la scuola a casa e in ospedale.

Serviva insomma qualcuno che aiutasse a capire ?

Certo che l'aiuto di insegnanti e pedagogisti in classe sarebbe stato molto utile magari per far capire a me cosa stava succedendo ed supportare i miei compagni nel comprendere che non siamo tutti uguali e che per me non era un gioco. Loro si prendevano gioco di me ed io ovviamente li ho in alcuni momenti odiati profondamente. Ma oggi capisco che del resto erano solo bambini come me che non avevano gli strumenti per capire cosa succedeva.
Qualche insegnante è stata davvero preziosa ma la maggior parte forse non aveva gli strumenti per poter sostenere questa mia situazione.

Quali sono i tuoi suggerimenti per poter migliorare la vita a scuola dei ragazzi speciali otre alla flessibilità tecnica delle istituzioni ?

Sarebbe davvero importante far capire ai compagni dal primo giorno di scuola materna cosa ha il suo compagnetto "speciale" e cercare di inserirlo in un ambiente in cui si senta a proprio agio da subito....

Grazie Stefania per il tuo prezioso contributo

Emanuela Serra