Atlantide: Quale Ricerca Abita in Sardegna dialoga con Andrea Mameli


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Atlantide:quale ricerca abita in Sardegna ha intervistato Andrea Mameli per farsi raccontare la ricerca nella nostra Isola


Andrea tra le altre sue innumerevoli avventure nella ricerca e nella scienza ha scritto nel 2007 "Scienziati di ventura, storie di cervelli erranti tra la Sardegna e il mondo"

logo_scontornato.pngPotresti raccontarci cos'è la ricerca scientifica?
La ricerca scientifica nasce da un bisogno umano (il desiderio di conoscere e di capire) e da un bisogno sociale (inventare nuove soluzioni e creare nuove applicazioni). Su questa base si intrecciano altre motivazioni che spingono imprese e istituzioni a investire nella ricerca: così uomini e donne motivati e appassionati lavorano al conseguimento di obiettivi sempre nuovi.
Per giungere a risultati dignitosi è dunque necessario dosare una miscela adeguata di fantasia, creatività, rigore, organizzazione, con obiettivi precisi (ma a volte l’innovazione e le scoperte nascono dalla serendipità, ovvero si raggiungono risultati cercandone altri) e adeguatamente finanziati. Due esempi di ricerca scientifica sono l’esplorazione del cielo (prima con un cannocchiale, poi inviando uomini sulla luna, poi spedendo sonde sempre più lontano) e l’esplorazione dell’organismo umano (per capire come funziona il cervello o per scoprire un gene implicato in una malattia rara).

logo_scontornato.pngQuando nasce la tua passione?
Ricordo con chiarezza due tipi di esperienze legate all’infanzia e all’adolescenza che hanno determinato le mie scelte di studio prima e professionali poi. In primo luogo la curiosità, nei confronti dei minerali e dei fossili, e la pratica con i motorini elettrici e con piccoli circuiti elettronici. Poi sono venute le occasioni di comunicare: con la radio, con la fotografia e con la parola scritta. Altre esperienze nel volontariato educativo, con gli scout, sono servite a mettere insieme i tasselli del puzzle. Poi l’università, in fisica, con la scoperta dell’enormità dei confini dello scibile. Poi la tesi di laurea, finalizzata a mostrare la fisica via Internet, come un videogioco. Poi il lavoro al CRS4 nel bel mezzo dell’esplosione del Web in Italia. Poi il master in comunicazione della scienza alla Sissa di Trieste. E poi tantissime altre esperienze e il desiderio di imparare e applicare non finisce mai.

logo_scontornato.pngStoria di Cervelli erranti...e la Sardegna?
La Sardegna secondo me deve alla sua stessa conformazione il bisogno di spostarsi per esplorare, di varcare il mare per vedere cosa c’è oltre, di confrontarsi con altri ricercatori e con altra scienza presente fuori dall’isola. In questo la mobilità è un valore. E il bisogno di spostarsi per migliorarsi è una realtà di assoluta dignità. Poi esiste la faccia nascosta, il lato oscuro del cervello errante: esistono forti carenze strutturali e in alcuni casi sono molto gravi, che spingono un giovane a cercare lavoro nella ricerca scientifica per forza di cose fuori. Come abbiamo scritto due anni fa con Mauro Scanu in Scienziati di ventura (edizioni Cuec) l’emorragia dei cervelli se da un lato arricchisce la comunità scientifica internazionale dall’altro impoverisce la Sardegna di capitale umano di alto livello.

logo_scontornato.pngPensi sia errato sognare la Sardegna come la Nuova Atlantide?...logo_scontornato.png ...quale cambiamento per il futuro della ricerca?
Chi amministra ha il dovere di analizzare anche questi fenomeni e di trovare soluzioni, migliorando quelle già esistenti o inventandone di nuove. Il futuro con poca ricerca non è incoraggiante. Un esempio come quello della Finlandia secondo me deve far riflettere: dove si producono telefoni cellulari di elevatissima qualità i rendimenti scolastici sono i migliori del mondo, ma in quei luoghi è altissima anche la qualità della vita e l’attenzione all’ambiente. Secondo me non è un caso

logo_scontornato.pngIl cambiamento è nelle mani degli enti pubblici, oppure gli appassionati e gli studiosi hanno un ruolo in questo cambiamento?

Nella ricerca chi è in grado di guidare i cambiamenti non sono solo le istituzioni pubbliche: anche fondazioni, associazioni, privati, possono fornire un contributo significativo. Bisogna però a mio avviso aiutare a conoscere. Mi spiego meglio: la ricerca scientifica non cresce (e l’attenzione per essa da parte di chi può investire) se parallelamente non cresce la comunicazione della scienza.
Se il giornalismo ha un valore immenso, che, lo ricordo per i distratti oltre a informare è quello di sorvegliare democraticamente l’operato di chi governa, a mio avviso il giornalismo scientifico (e accanto a esso le attività di animazione culturale e divulgazione scientifica di ogni tipo) ha il ruolo cruciale di fare avvicinare i cittadini (di ogni età) alla scienza ma anche di aiutare a operare una riflessione critica in tale direzione.

Andrea Mameli è ricercatore al CRS4 dal 1996 (per 10 anni nel settore ICT e dal 2007 nel programma Energie Rinnovabili) e giornalista pubblicista dal 1998. Si occupa di comunicare la scienza e la tecnologia in svariate modalità: dall’animazione per i bambini alla radio, dal web alla stampa (nel 1997 ha vinto il Premio Smau per il giornalismo scientifico).

Andrea Mameli, researcher at CRS4 and freelance journalist
http://crs4energierinnovabili.blogspot.com/
http://www.linguaggiomacchina.it
http://www.andreamameli.it
«L'unico modo di scoprire i limiti del possibile è avventurarsi un poco oltre, nell'impossibile» (Arthur C. Clarke)

Associazione Sindrome di Crisponi e Malattie Rare Sardegna