Difficoltà nella ricerca per le malattie rare - Dott. Danilo Diodoro

small_6057430-sm.jpgProviamo insieme a capire meglio...Perché può essere carente la ricerca sui farmaci destinati al trattamento delle malattie rare?

Ringraziamo il Dott.Danilo di Diodoro, Responsabile Knowledge Management – Area Governo Clinico - Azienda Usl di Bologna che con suo contributo ci spiega meglio la ricerca nelle malattie rare
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Qual è la condizione ideale per l’utilizzo di un farmaco?

La condizione ideale per l’uso di un farmaco è quando si sa che quel farmaco è stato sperimentato in maniera specifica proprio sul tipo di popolazione sul quale poi viene utilizzato.
Purtroppo questa non è una condizione frequente per quanto riguarda le malattie rare, nelle quali, se a monte non c’è una specifica ricerca, ci si può ritrovare a utilizzare farmaci che sono stati sperimentati solo in popolazione diverse.
Ricordo che il termine di “malattia rara” si applica in Europa a malattie che hanno meno di 5 casi ogni 10.000 abitanti.

Perché può essere carente la ricerca sui farmaci destinati al trattamento delle malattie rare?

I motivi di tale situazione sono molteplici. Ad esempio, si sa che l’industria non investe volentieri nella ricerca su farmaci che servono a trattare malattie rare, dal momento che, ovviamente, si tratta di investimenti che hanno poche prospettive di mercato. Ma non è solo questo. Anche quando si decidesse di far partire un trial, può capitare che poi, proprio per la rarità della malattia, sia difficile trovare pazienti che possano entrare in quel trial. E se si riesce a far partire il trial, può accadere che la numerosità del campione non riesca a raggiungere il numero minimo di pazienti, perché quel trial dia poi risultati statisticamente significativi. Così, per le malattie rare si utilizzano a volte disegni di studio diversi dal semplice RCT (Trial Randomizzato e Controllato), come il disegno N-of-1 o il crossover, che, senza voler entrare in dettagli tecnici, si può dire che danno comunque indicazioni significative, anche in assenza di una sufficiente numerosità del campione.

Questa situazione può rendere meno sicuri i farmaci usati per trattare le malattie rare?

Se è difficile in queste situazioni stabilire l’efficacia di un farmaco, altrettanto o forse più difficile è rendersi conto della sua sicurezza. Sempre a causa del numero limitato di pazienti che entrano nei trial che sperimentano i farmaci orfani (sono così chiamati proprio quei farmaci un po’ dimenticati dalla ricerca, per i motivi sopra esposti), può accadere che effetti collaterali non frequenti, non emergano durante gli studi clinici realizzati per la registrazione del farmaco. Quindi, di fatto, la vera valutazione di sicurezza avviene durante la cosiddetta fase IV, quella della commercializzazione. E’ solo quando il farmaco viene messo a disposizione della popolazione generale che esso raggiunge un numero di persone tale che possono emergere anche gli effetti collaterali meno frequenti.

Cosa si può fare per migliorare efficacia e sicurezza di questi trattamenti?

Dal momento che anche le persone che soffrono di malattie rare hanno diritto di poter utilizzare farmaci che sono stati adeguatamente sperimentati, è importante che la ricerca in queste aree sia promossa da agenzie sanitarie pubbliche, che perseguono fini di salute e non di profitto.
E’ molto importante anche il ruolo che può essere svolto dalle associazioni di malati, le quali da una parte possono stimolare l’opinione pubblica sulla necessità di fare ricerca, dall’altra possono sensibilizzare i malati perché cerchino di dare il loro contributo attraverso una partecipazione attiva alle ricerche cliniche.

Danilo di Diodoro, Responsabile Knowledge Management – Area Governo Clinico - Azienda Usl di Bologna – Via Castiglione 29, Bologna.
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Danilo di Diodoro tiene un blog dedicato ai temi della letteratura medica per la pratica clinica intitolato Blog Scire, visibile al seguente indirizzo: http://www.wsstore.it/scire/